Thingiverse blocca le armi 3D, ma le ghost gun resistono

Thingiverse blocca le armi 3D, ma le ghost gun resistono

Il progresso delle tecnologie digitali e della stampa 3D ha rivoluzionato il modo in cui le armi possono essere prodotte, dando origine al fenomeno delle "ghost gun": armi non tracciabili, assemblate con componenti stampati in 3D. Nonostante azioni come la rimozione di file di armi da piattaforme come Thingiverse, le ghost gun continuano a proliferare grazie alla diffusione di file su numerosi siti e canali alternativi, sfruttando la natura decentralizzata e globale di internet. Il caso di New York, con l’intervento del procuratore Alvin Bragg, sottolinea l'urgenza di legislazioni specifiche per contrastare questo fenomeno emergente, che sfugge ai regolamenti tradizionali.

Le ghost gun destano preoccupazioni perché non hanno numeri di matricola e sono irrintracciabili per le forze dell'ordine, complicando le indagini su crimini in cui sono coinvolte. Il quadro normativo è frammentato: negli Stati Uniti manca una legge federale chiara, mentre a livello statale certe aree adottano norme restrittive. In Italia la produzione casalinga di armi è vietata, ma la novità tecnologica mette in difficoltà l’applicazione delle norme e la cooperazione internazionale risulta cruciale per contrastare la circolazione di file e componenti illegali.

Per arginare il problema, oltre ai divieti, si propongono strategie integrate che uniscano legislazione, tecnologie di controllo come watermarking e intelligenza artificiale, e campagne educative rivolte a makers, studenti e consumatori. L'obiettivo è sviluppare una cultura responsabile dell’uso delle tecnologie di stampa 3D, prevenendo il rischio della diffusione incontrollata di armi pericolose. La lotta alle ghost gun richiede quindi un approccio multilivello e collaborativo, capace di equilibrare innovazione tecnologica e sicurezza pubblica.