
Perché le imprese non assumono neolaureati in Italia?
Il mercato del lavoro italiano mostra un fenomeno strutturale di difficoltà nell'inserimento dei neolaureati, con un crescente scetticismo da parte delle imprese evidenziato dal sondaggio Intelligent del 2025. Nonostante l'aumento degli studenti universitari, le aziende manifestano diffidenza a causa della percezione di una scarsa preparazione tecnica e morale dei giovani, giudicati spesso poco produttivi e carenti di soft skills essenziali come teamwork, problem solving e gestione dello stress. Queste difficoltà sono acuite da un divario significativo tra i percorsi accademici e le esigenze reali del mondo del lavoro, che rende necessari lunghi periodi di formazione in azienda, non sempre sostenibili per le imprese.
Le critiche includono anche accuse di presunzione, fragilità emotiva e mancanza di etica lavorativa, con particolare enfasi sulle diverse aspettative generazionali riguardo al bilanciamento tra vita privata e carriera. Tuttavia, molte di queste valutazioni rischiano di basarsi su stereotipi, mentre emergono richieste di candidati proattivi, flessibili e capaci di apprendere rapidamente, con competenze linguistico-comunicative adeguate. Per affrontare queste problematiche, si sottolinea la necessità di una collaborazione più stretta tra università e imprese, con tirocini professionalizzanti, orientamento precoce e investimenti aziendali nella formazione, per ridurre il gap e valorizzare il potenziale dei giovani.
Il confronto internazionale mostra come l’Italia sconti un ritardo legato a una scarsa integrazione tra formazione e lavoro rispetto a paesi come Germania e Olanda, ma alcune iniziative positive indicano un possibile cambiamento. In conclusione, superare le barriere tra sistema educativo e tessuto produttivo con un'alleanza tra università, imprese e giovani è essenziale per trasformare le difficoltà attuali in opportunità e valorizzare le energie dei neolaureati nel mercato italiano.