
Scuola e libertà: le nuove Indicazioni e la sfida dei COBAS
Le nuove Indicazioni Nazionali 2025 hanno acceso un intenso dibattito all’interno del mondo dell’istruzione italiana. Il documento, nato da un confronto tra pedagogisti, istituzioni e gruppi di pressione, mira ad aggiornare i criteri didattici secondo le esigenze della società contemporanea. Tuttavia, emergono forti perplessità circa una possibile preponderanza della conformità sulla libertà educativa e l’autonomia. I COBAS scuola, organizzazione sindacale storicamente critica e indipendente, mettono in evidenza il rischio che la presunta autonomia didattica proposta sia in realtà un’ulteriore forma di imposizione, compromettendo sia l’autonomia degli insegnanti sia la crescita critica degli studenti. Le nuove linee guida insistono su concetti come “autonomia dell’essere” e “competenza del fare”: il primo richiama l’importanza del pensiero critico e del rispetto, mentre il secondo sottolinea il valore della dimensione pratica e dell’esperienza. Tuttavia, secondo i COBAS, il bilanciamento tra autonomia e competenze sembra compromesso a favore di una standardizzazione dei saperi, vista come funzionale all’omologazione culturale. L’autorità del docente e la centralità degli organi decisionali scolastici sono rafforzate, riducendo il peso del confronto e del dissenso.
Nel testo delle nuove Indicazioni il concetto di rispetto occupa uno spazio privilegiato, ma secondo i critici la sua definizione resta poco problematizzata, priva di una riflessione che tenga conto delle complessità culturali e sociali della scuola italiana. Il rischio maggiore individuato dai COBAS e da molti docenti è che si affermi una visione educativamente autoritaria, dove il rispetto venga inteso come mera adesione a norme e ordinamenti, e meno come strumento di dialogo, apertura all’altro e cittadinanza attiva. Un altro elemento centrale riguarda la proposta di “educazione del cuore” come paradigma educativo: se da un lato valorizzare le emozioni rappresenta un principio in linea con la migliore tradizione pedagogica, dall’altro la sua declinazione rigida e normativa sembra omologare i comportamenti e ridurre lo spazio per la differenza e il conflitto costruttivo. Tale approccio rischia di irrigidire le relazioni educative, rendendole più prescrittive che realmente formative, e limitando la personalizzazione dell’insegnamento.
Le conseguenze delle nuove Indicazioni potrebbero essere sostanziali: si teme un aumento della distanza tra docenti e istituzioni, una progressiva standardizzazione degli itinerari didattici e una restrizione della libertà di insegnamento, con riflessi negativi sia sulla motivazione degli insegnanti sia sulle possibilità di crescita critica degli studenti. I COBAS e altri soggetti del mondo scolastico sottolineano la necessità, invece, di mantenere spazi di autonomia, di valorizzare la diversità locale e di promuovere una scuola pubblica realmente inclusiva e democratica. Se da una parte alcuni sostengono che una maggiore uniformità possa colmare disparità territoriali e migliorare l’efficacia dell’azione didattica, la maggioranza della comunità educante – specialmente sindacati e docenti – avverte l’urgenza di rivedere il documento, affinché la scuola non sia ridotta a mera trasmissività dei saperi ma resti un luogo di formazione critica, pluralista e capace di adattarsi alla complessità del presente. Il confronto in atto sarà quindi cruciale per ridefinire le linee guida e trovare un equilibrio tra autonomia, autorità e inclusione, confermando il ruolo della scuola italiana come ambito di crescita civile e personale.