
Meta rifiuta il Codice UE sull’IA: timori legali e conseguenze
La decisione di Meta di non aderire al Codice di buone pratiche UE sull’intelligenza artificiale ha acceso un dibattito cruciale sul futuro della regolamentazione dell’IA in Europa. Meta ha motivato il rifiuto con «troppe incertezze giuridiche», sottolineando ambiguità normative, potenziali conflitti legislativi e rischi di rallentamento dell’innovazione. Questo atteggiamento trova riscontro nelle critiche di 44 grandi aziende europee, che hanno chiesto di bloccare l’attuazione del Codice per timore che esso possa ostacolare la competitività del settore tecnologico europeo e spingere gli investimenti fuori dal continente. Il Codice UE, infatti, mira a garantire uno sviluppo responsabile dell’IA, con principi quali trasparenza, protezione dei dati e prevenzione di discriminazioni, ma l’equilibrio tra tutela e innovazione resta delicato e controverso. Joel Kaplan, vicepresidente degli affari globali di Meta, ha evidenziato la necessità di un quadro normativo chiaro e proporzionato, ribadendo l’impegno dell’azienda verso un uso responsabile dell’IA. Dall’altra parte, le istituzioni europee insistono sulla volontà di perfezionare il Codice attraverso un dialogo inclusivo, affinché la regolamentazione preservi i valori sociali senza soffocare lo sviluppo tecnologico. Il futuro dell’Europa nell’IA dipenderà dalla capacità di conciliare interessi spesso contrapposti, valorizzando un confronto costruttivo tra imprese, governi e cittadini per tracciare una via normativa efficace e sostenibile.